LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto da
 unita' sanitaria locale n. 8 (associazione dei comuni "Busto  Arsizio
 -  Valle  Olona"), con sede in Busto Arsizio (Varese), in persona del
 legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in Roma,
 piazza  Pasquale  Paoli  n.  3  presso  l'avv.  Carlo D'Amelio che lo
 rappresenta e  difende  unitamente  all'avv.   Amedeo  Travi,  giusta
 procura speciale in calce al ricorso, ricorrente, contro Mauro Taddei
 e regione Lombardia, intimati  e  sul  secondo  ricorso  n.  470/1988
 proposto  da Mauro Taddei, elettivamente domiciliato in Roma, via del
 Babuino, 124 presso l'avv. Alessandro  Bozza  che  lo  rappresenta  e
 difende unitamente all'avv. Michele Fiscella, giusta procura speciale
 a margine del controricorso e ricorso incidentale, controricorrente e
 ricorrente incidentale, contro unita' sanitaria locale n. 8 e regione
 Lombardia, intimati per l'annullamento della sentenza  del  tribunale
 di  Busto Arsizio in data 10 aprile 1987 depositata il 23 maggio 1987
 (R.G. n. 32/86);
    Udita  nella  pubblica udienza tenutasi il giorno 14 dicembre 1988
 la relazione  della  causa  svolta  dal  consigliere  relatore  dott.
 Fulvio  Aliberti,  udito l'avv. Fiscella, udito il pubblico ministero
 nella persona  del  sostituto  procuratore  generale  dott.   Antonio
 Martone che ha concluso questione di legittimita' costituzionale art.
 5 del d.-l. n. 663/1979 cosi' come convertito dalla legge 33 del 1980
 nella  parte  in  cui  non  consentiva  di ottenere il rimborso spese
 sostenute per interventi chirurgici presso strutture private in  caso
 di   inidoneita'   di  strutture  pubbliche  o  della  impossibilita'
 temporanea.
    Questione in relazione all'art. 32 della Costituzione.
                           RITENUTO IN FATTO
    Mauro  Taddei  adiva  il  pretore  di  Busto  Arsizio  con ricorso
 depositato il 7 gennaio 1986, chiedendo  che  fossero  condannate  in
 solido  la unita' sanitaria locale n. 8 di Busto Arsizio e la regione
 Lombardia al pagamento della somma  di  L.  20.258.799  per  rimborso
 spese   mediche  sostenute  per  ricovero  urgente  in  ospedale  non
 convenzionato con autorizzazione dell'unita' sanitaria locale  n.  8,
 con  interessi  e  rivalutazione monetaria dal pagamento al saldo; in
 via subordinata, che fossero, condannate le convenute al pagamento di
 L.  10  milioni  ai  sensi  delle  delibere della giunta regionale 31
 gennaio 1984, n. 35644 e 19 marzo 1985 n.  49668,  con  rivalutazione
 monetaria ed interessi legali dalla domanda al saldo.
    Esponeva:  che  nel  dicembre  1984,  previa  autorizzazione della
 u.s.l. n. 8 era stato  ricoverato  di  urgenza  presso  le  "Cliniche
 Gavazzeni"  di  Bergamo  per  sottoporsi  ad  un  intervento  di alta
 chirurgia   riguardante   l'impianto    di    un    doppio    by-pass
 aorto-coronarico; che tale ospedale non era convenzionato, ma che gli
 era stato assicurato, in relazione alle disposizioni  regionali,  che
 gli  sarebbe  stato  versato  un contributo straordinario pari al 50%
 della spesa sostenuta e cio' fino ad un massimo  di  L.  10  milioni;
 che,  al  momento della presentazione della domanda di rimborso, alla
 u.s.l. n. 8, gli era stato risposto che la stessa non  poteva  essere
 accolta, mancando una fonte legislativa regionale che disponesse tale
 erogazione; che egli aveva sostenuto  una  spesa  complessiva  di  L.
 20.258.799  per  la degenza e per l'intervento chirurgico. Osservava:
 che il diniego del rimborso delle spese sostenute  e,  comunque,  del
 contributo  straordinario si palesava illegittimo ed in contrasto con
 le delibere  della  giunta  regionale,  col  sistema  legislativo  in
 materia  di  tutela della salute e con le funzioni ed i compiti delle
 u.s.l.
    La  u.s.l.  n.  8 resisteva alla domanda, deducendo: che al Taddei
 spettava soltanto un rimborso di L. 800.000, gia' effettuato; che  al
 rimborso  straordinario  non  poteva darsi corso, siccome previsto in
 delibere della giunta regionale, le quali erano in contrasto con  una
 legge  dello  Stato  (art.  5  secondo  comma del d.-l. n.  633/1979,
 introdotto con la  legge  di  conversione  33/1980)  che  poneva  una
 riserva  di  legge  (riserva  ribadita  con  l'art.  3 della legge n.
 595/1985); che il diritto alla salute  era  si'  tutelato,  ma  nelle
 forme di legge.
    La Regione non si costituiva.
    Il  Pretore  di  Busto  Arsizio,  con  sentenza  5-22 maggio 1986,
 rigettava la domanda e condannava la regione  Lombardia  al  rimborso
 delle spese in favore del Taddei e della u.s.l. n. 8.
    Proponeva  appello  il Taddei. Si costituiva soltanto la u.s.l. n.
 8, resistendo al gravame.
    Il  tribunale  di  Busto Arsizio, con sentenza 10 aprile-23 maggio
 1987, in parziale accoglimento del gravame, condannava la u.s.l. n. 8
 a  pagare  al  Taddei la somma di L. 11.000.000, rivalutata all'epoca
 della sentenza, con gli interessi nella misura legale dell'esborso al
 saldo;  e  condannava  la  u.s.l.  n.  8  al rimborso delle spese del
 giudizio di appello in favore del Taddei, confermando  nel  resto  la
 sentenza impugnata.
    Il tribunale osservava che il punto controverso era costituito dai
 provvedimenti della giunta  regionale  lombarda  che  prevedevano  il
 rimborso  in limitata misura, in quanto le leggi statali n. 33/1980 e
 n. 555/1985 sancivano una riserva di legge regionale; che la regione,
 con  i  suoi atti legislativi, nn. 7/1972 e 5/1975, aveva regolato la
 materia della  c.d.  assistenza  indiretta,  demandando  alla  giunta
 regionale  il  potere-dovere  di  emanare relativi provvedimenti, che
 erano quelli sui quali si fondava la pretesa attorea; che, alla legge
 regionale si richiedeva di dettare norme in materia e che tale dovere
 era  sufficientemente  adempiuto  anche  dalla  mera  previsione   di
 riservare alla giunta regionale l'adozione di concreti provvedimenti.
    Riteneva  che,  comunque, alla luce dei principi costituzionali in
 tema di diritto alla salute e del generale principio dell'ordinamento
 sanitario  che  intende  garantire  ad  ogni cittadino l'assistenza a
 carico  della   collettivita',   una   eventuale   inadempienza   del
 legislatore   non   poteva  avere  l'effetto  di  lasciare  priva  di
 assistenza  indiretta  i  cittadini,   che   bisognosi   di   urgenti
 trattamenti   terapeutici,   non   potevano  riceverli  da  strutture
 pubbliche per obiettive cause di mancanza di ricettivita'; e che piu'
 consono  ai  principi  generali  dell'ordinamento  era  il  carattere
 programmatico delle norme statuali invocate dall'appellata, il  quale
 era  tale  da non caducare l'efficacia dei provvedimenti regionali; e
 che l'appello andava accolto soltanto  nei  confronti  della  u.s.l.,
 ente predisposto all'erogazione dell'assistenza diretta ed indiretta.
    Avverso  detta  sentenza  la  u.s.l.  n. 8 ha proposto ricorso per
 cassazione, deducendo cinque motivi.
    Il Taddei ha resistito con controricorso, proponendo anche ricorso
 incidentale.
    La regione Lombardia non si e' costituita.
                          CONSIDERATO IN FATTO
    Con il primo motivo del ricorso principale, si denunzia violazione
 e falsa applicazione di norme di diritto, con riferimento all'art.  5
 secondo   comma   del  d.-l.  n.  633/1979  introdotto,  in  sede  di
 conversione, con legge n. 33/1980, deducendo che la norma di  cui  al
 citato  art.  5 secondo comma poneva una riserva di legge (regionale)
 in materia di assistenza ospedaliera indiretta, onde, successivamente
 all'entrata  in  vigore  del  d.-l.  n. 633/1979, la giunta regionale
 della Lombardia non poteva piu' deliberare, in assenza di  una  legge
 regionale, erogazioni in materia di assistenza sanitaria indiretta.
    Con  il secondo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione
 di norme di diritto in riferimento al principio di legalita' rispetto
 ai provvedimenti amministrativi, deducendo che in atto amministrativo
 da solo non poteva costituire  fonte  di  obbligazioni  a  carico  di
 cittadini  o  di  altri  enti,  e  che l'art. 7 della legge regionale
 5/1975 poneva l'erogazione a carico della Regione e non delle  u.s.l.
    Con  il  terzo motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione
 di norme di diritto, in riferimento all'art. 32 della Costituzione ed
 all'art.  5  secondo  comma del d.-l. 633/1979 introdotto, in sede di
 conversione, dalla legge n.  33/1980),  deducendo  che  il  principio
 costituzionale  di  tutela della salute andava interpretato nel senso
 che la salute doveva essere assicurata soltanto nei limiti  oggettivi
 dell'organizzazione  sanitaria e che la conclusione del tribunale era
 in contrasto con l'art. 5, secondo comma,  il  quale  circoscrive  la
 possibilita'   di  erogazioni  in  materia  di  assistenza  sanitaria
 indiretta ai soli casi previsti da leggi regionali.
    Con  il quarto motivo, si denunzia violazione e falsa applicazione
 di legge; con riferimento alle leggi  regionali  della  Lombardia  n.
 17/1972 e n. 5/1975, deducendo che il Tribunale, mal interpretando la
 legge,  aveva  ritenuto  che  la  riserva  di  legge  potesse  essere
 soddisfatta  da  una legge regionale (n. 17/1982) riguardante solo il
 riparto interno di competenza tra gli organi della Regione ovvero  da
 una  legge regionale (n. 5/1975, art. 7), che esauriva la sua portata
 nella previsione del c.d. rimborso ordinario, mentre era in questione
 un altro genere di contributo, il c.d. rimborso straordinario.
    Con   il  quinto  motivo,  si  denunzia  omessa,  insufficiente  e
 contraddittoria motivazione su  punti  decisivi  della  controversia,
 deducendo  che il tribunale non ha motivato e, per lo meno, non lo ha
 fatto adeguatamente rispetto alle difese, con cui si erano esposte le
 ragioni  per  le  quali era da ritenere che la delibera di giunta del
 1982 non poteva essere ricondotta alla legge  regionale  5/1975;  ne'
 era  conforme  ai  principi,  in  tema di riserva, di cui all'art. 5,
 secondo comma, del d.-l. n. 633/1979.
    Con  il  ricorso  incidentale  si  lamenta che il Tribunale non ha
 adeguatamente preso in considerazione la domanda rivolta ad  ottenere
 l'integrale rimborso delle spese per ricovero.
    La Corte osserva che, in punto di fatto, e' pacifico che il Taddei
 aveva necessita' di urgente intervento per un impianto di  un  doppio
 by-pass   aorto-coronarico;   che   nessuna   struttura   pubblica  o
 convenzionata della zona era in grado di effettuare tale  intervento;
 e  che il Taddei si era sottoposto ad esso presso una clinica privata
 non convenzionata, assumendosi i relativi costi.
    Poiche'  la u.s.l. n. 8 provvedeva al rimborso di L. 800.000 (c.d.
 rimborso  ordinario),  ma  non   al   versamento   di   quello   c.d.
 straordinario  (di importo non superiore al 50% delle spese sostenute
 dall'assistito e con un massimo di L. 10.000.000), la lite e' insorta
 in  quanto  tra  la u.s.l. stessa ed il Taddei si controverteva sulla
 misura del rimborso spettante: il Taddei assumeva spettargli rimborso
 per  l'intero  esborso  da  lui  sostenuto  e,  subordinatamente, per
 l'importo di L.  10.000.000,  mentre  la  u.s.l.,  assumendo  che  le
 delibere della giunta regionale della Lombardia che avevano istituito
 e disciplinato il c.d. rimborso straordinario erano  illegittime,  in
 una  materia  in  cui  esisteva  riserva di legge (regionale) ex art.
 5/secondo comma del d.-l. n.  633/79,  introdotto  con  la  legge  di
 conversione n. 33/1980, negava che fossero dovuti ulteriori rimborsi.
    Giova  ricordare che ex art. 5, primo comma, del d.-l. 30 dicembre
 1979, n. 663, l'assistenza sanitaria  era  fornita  nelle  forme  ivi
 indicate   (per   quanto   rileva  in  questa  causa:  c)  assistenza
 ospedaliera nei presidi pubblici o  convenzionati);  e  che,  con  la
 citata  legge di conversione, n. 33/1980 venne inserito dopo il primo
 comma, altro, del seguente tenore "E' consentito inoltre  il  ricorso
 all'assistenza  ospedaliera  in forma indiretta, secondo le modalita'
 ed i limiti stabiliti  dalle  vigenti  leggi  regionali.  Le  regioni
 prevedono eventuali forme di assistenza specialistica indiretta".
    La  legge regionale 15 gennaio 1975, n. 5, della regione Lombardia
 prevedeva,  oltre  all'assistenza  diretta  (art.  5),   l'assistenza
 indiretta  (art. 6) e la misura del rimborso (art. 7), fissata in una
 quota delle spese sostenute pari  alla  spesa  medica  accertata  per
 analoghe  prestazioni  presso  strutture convenzionate indicate nella
 regione (tale quota, all'epoca dei fatti, era di L. 50.000 al  giorno
 e  poiche'  la degenza del Taddei era durata quindici giorni, gli era
 stata rimborsata la somma di L. 800.000).
    Le  delibere  della giunta della regione sulle quali, in sostanza,
 e' fondato  l'accoglimento  da  parte  del  tribunale  della  domanda
 subordinata  dal  Taddei, sono basate sul presupposto che il rimborso
 di cui alla legge  regionale  n.  5/1975  puo'  risultare  inadeguato
 quando  il  ricovero  avvenga  presso  Enti  altamente  qualificati e
 specializzati per interventi relativi a forme morbose di  particolare
 gravita'  clinica  e  sulla conseguente necessita' di riconsocere una
 quota di rimborso superiore.
    Cio'  premesso,  la Corte osserva che per individuare la normativa
 applicabile alla fattispecie occorre esaminare anzitutto il d.-l.  n.
 663/1979,  convertito  con modifiche con legge n. 33/1980, mentre non
 rileva la legge 23 ottobre 1985, n.  585,  successiva  all'epoca  del
 ricovero  del  Taddei (la valutazione se essa dia esaustiva tutela al
 bene della salute in un caso come quello  in  esame  esula,  percio',
 dall'ambito del presente giudizio).
    Da  un  attento esame del disposto dell'art. 5 e' agevole rilevare
 che  l'assistenza  ospedaliera  doveva  essere  erogata  nei  presidi
 pubblici   o  convenzionati,  cioe'  in  forma  diretta,  e  che  era
 consentito inoltre il ricorso alla forma indiretta.
    Attribuendo  alla  legge  il  senso  fatto  palese dal significato
 proprio  delle  parole  secondo  la  connessione  di  esse  (art.  12
 disposizioni  sulla  legge  in  generale)  e'  dato  rilevare  che la
 disposizione va letta nel  senso  che  oltre  all'assistenza  diretta
 "inoltre"  significa: oltre a questo) era permessa, concessa (tale e'
 il significato della parola "consentito") l'assistenza indiretta.  Il
 che significa (e questo appare essere l'intento del legislatore) che,
 in presenza della possibilita' di usufruire  dell'assistenza  diretta
 era accordato al cittadino di farsi assistere, invece, (ove lo avesse
 ritenuto) in forma indiretta; per tale ipotesi il legislatore  poneva
 una  riserva  di legge regionale circa le modalita' ed i limiti della
 detta forma di assistenza.
    Ma,  preliminare all'accertamento sul punto se l'ordinamento della
 regione Lombardia sia stato rispettoso di tale riserva, e' il rilievo
 che  la  fattispecie  considerata, non trova utile collocazione nella
 normativa in esame (art. 5 del d.-l. n. 663/1979 conv. con  mod.  con
 legge  n.  33/1980), proprio perche' questa presuppone l'esistenza di
 forme  di  erogazione  diretta  di  assistenza   ospedaliera   e   la
 possibilita'  di  preferire  ad essa l'assistenza indiretta: in altri
 termini il cittadino che potrebbe utilmente ricorrere alla  struttura
 pubblica  o  convenzionata, puo' optare per una struttura privata non
 convenzionata.
    Nel  caso  in  esame,  invece,  non puo' dirsi che il Taddei abbia
 operato la facolta' di  scelta,  che  derivava  dalla  norma  di  cui
 all'art.  5,  dal  momento  che,  poiche'  e' pacifico che non vi era
 struttura  pubblica  o   convenzionata   in   grado   di   effettuare
 l'intervento, restava soltanto il ricorso a prestazioni libere, poste
 cioe' al di fuori  del  sistema  formato  dalle  strutture  sanitarie
 pubbliche e dalle private convenzionate.
    La  fattispecie  e',  quindi,  fuori della previsione del predetto
 articolo, nel quale non si rinviene alcuna disposizione  che  preveda
 il  caso  di  inesistenza  di  strutture pubbliche o convenzionate in
 grado di fornire l'indispensabile prestazione  e  la  disciplina  del
 rimborso  spettante al cittadino; nella fattispecie il Taddei reclama
 l'integrale rimborso, evidenziando che non si era di  fronte  ad  una
 libera  scelta tra assistenza diretta ed indiretta, ma di fornte alla
 necessita' di ricorrere a strutture private non convenzionate con  la
 regione Lombardia per tutelare il proprio diritto alla vita. La Corte
 ricorda che il bene della salute umana, in forza dell'art.  32  della
 Costituzione,  rappresenta  un diritto primario e fondamentale, che -
 per tali  premesse  -  imporre  piena  ed  esaustiva  tutela  (v.  C.
 costituzionale nn. 184/1986, 559/1987 e 992/1988. Appare evidente che
 e' da dubitare della legittimita' costituzionale di  una  norma,  che
 non  prevede  (non  regolando la relativa ipotesi) la possibilita' di
 ristoro per il preciso caso in cui il  cittadino  abbia  dovuto  egli
 stesso  provvedere  all'esigenza  di  tutelare  indifferibilmente  la
 propria salute in quanto quella assistenza ospedaliera diretta,  alla
 cui   erogazione  egli  aveva  diritto  per  legge,  era  in  pratica
 inesistente.
    Conclusivamente e' da ritenere la non manifesta infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale della norma in  esame  nella
 parte  in  cui  manca  la  previsione  di  cui  sopra.  Essa e', poi,
 rilevante ai fini della decisione, risolvendosi, in  ultima  analisi,
 nella   constatazione   della   mancanza  di  un  criterio  dato  dal
 legislatore in tema di (richiesta di) rimborso in casi del genere.
    Gli  atti  vanno,  quindi, trasmessi alla Corte costituzionale; il
 presente giudizio va sospeso.
    Va  provveduto  agli  adempimenti  di  cui  all'art.  23  legge n.
 87/1953.